Il restauro della slitta

Il restauro della slitta da parata conservata al Museo della Città di Rovereto

  • Fino a metà Ottocento nel territorio alpino i nobili erano soliti sfilare in parata su sfarzose slitte trainate da cavalli. Una di queste slitte, che può essere dunque considerata uno "status symbol" dell'epoca, è esposta al Museo della Città di Rovereto e recentemente è stata oggetto di un accurato restauro.

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Da vari mesi è stato avviato presso il Museo della Città il restauro conservativo di una slitta da parata. Come si è soliti andare dal dottore per fare un check-up, anche le opere d'arte sono soggette a monitoraggi e manutenzioni periodiche. Nel caso dei beni culturali, il restauratore si occupa della salute dei manufatti, analizzandone scrupolosamente lo stato di conservazione mediante una serie di indagini specialistiche che permettono di effettuare una diagnosi e quindi di stilare un progetto d'intervento ad hoc

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Slitte da parata, status symbol della nobiltà alpina tra Settecento e Ottocento

Fino a metà Ottocento nel territorio alpino per fronteggiare gli inverni lunghi e nevosi i nobili erano soliti utilizzare slitte trainate da cavalli che, soprattutto in occasione del carnevale, davano luogo a vere e proprie parate. Ogni slitta, dovendo dimostrare lo status abbiente della famiglia di appartenenza, era intagliata e decorata in maniera molto sfarzosa. I temi ricorrenti nelle decorazioni di queste slitte sono quelli della mitologia classica: attraverso i miti il committente (ovvero il proprietario della slitta) era solito infondere messaggi di potere o doti morali. La scienza che se ne occupa si chiama iconologia. Slitte con raffigurazioni di leoni feroci, di sirene con zampe da arpie, di cigni di Leida o feroci grifoni artigliati: un tripudio di fiere a grandezza naturale sfrecciava sulle strade innevate del Settecento roveretano. 

La slitta del Museo della Città di Rovereto, fasi di un restauro

Una ricerca preliminare ha permesso di inquadrare storicamente e tipologicamente la slitta roveretana collocata al Museo della Città facendo emergere molte analogie con i riferimenti d'oltralpe. Il passaggio successivo ha visto la campionatura attraverso scansione cromatica delle varie stesure per stabilire il numero di interventi subiti. Dall'indagine è emerso che in alcune campiture vi sono anche otto strati successivi. Ciò non stupisce poiché beni di questo tipo, ovvero manufatti antichi utilizzati con una certa frequenza, nel corso del tempo erano soliti subire numerosi interventi di manutenzione che spesso portavano a ridipingerli interamente. 

La fase successiva ha riguardato lo scoprimento delle cromie originali. Ma per quale motivo togliere questi strati? Anzitutto perché generalmente le cromie sovrammesse sono di una qualità decisamente scadente rispetto all'originale, in seconda battuta perché questi strati successivi hanno la "cattiva abitudine" di aggrapparsi ai sottostanti staccando il colore originale dal supporto ligneo. Generalmente, maggiore è il numero degli strati e più l'intervento di scoprimento è urgente. 

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Successivamente, l'attenzione si è focalizzata sulla struttura lignea e sulla sua natura. Le indagini hanno portato a scoprire che i vari elementi sono costituiti da essenze arboree diverse: lo scafo centrale (che ne costituisce la seduta) e lo schienale sono in legno di cirmolo, ricavati entrambi dallo scavo di un unico tronco; le zampe di sostegno e il resto dei pattini sono invece costituiti da legni come la betulla e il faggio. Mentre questi ultimi sono legnami più adatti alla curvatura ed hanno una buona flessibilità, il cirmolo invece è molto più adatto all'intaglio e alla decorazione. 

Il restauro ha poi previsto lo smontaggio degli elementi lignei dello scafo dai pattini e il busto della sirena, permettendo di studiare meglio le tecniche di giunzione ad incastro e i collegamenti interni (con chiodi di legno di Sorbo) ed esterni (piastre metalliche incassate e zanche). Ad elementi ancora smontati si è passati alla fase di consolidamento e quindi di risanamento del legno attraverso la tassellatura di tutte le fessurazioni con legno stagionato (analogo all'originale). Completato anche questo trattamento il manufatto è stato ricomposto per procedere alla fase di stuccatura delle lacune con visione del supporto e al ritocco pittorico. Queste ultime fasi sono state le più complesse ed hanno necessitato di un lento lavoro di cesura delle varie campiture. 

Il lavoro del restauratore implica un processo di apprendimento continuo durante tutte le fasi dell'intervento, in maniera analoga a quanto farebbe un archeologo in uno scavo archeologico, dove la presenza o la non presenza di uno strato ci racconta un frangente della storia del manufatto.

Per approfondire
Slitte sfarzose al museo nazionale di Zurigo QUI >
Elenco nazionale dei Restauratori di beni culturali presso il MIC (Ministero della cultura) QUI >
Codice dei beni culturali QUI >
Profilo professionale del restauratore QUI >

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a cura di Roberto Borgogno, restauratore di BBCC

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