Il clima del pianeta dopo un anno di pandemia

Il clima del Pianeta dopo un anno di pandemia

  • In occasione della Giornata Mondiale della Meteorologia una riflessione sulla possibilità che le restrizioni dovute all'emergenza sanitaria abbiano contenuto gli effetti del riscaldamento globale.

Oggi, martedì 23 marzo, si celebra la Giornata Mondiale della Meteorologia, ricorrenza annuale che ricorda la data in cui, nel 1950, venne istituita l'Organizzazione Meteorologica Mondiale (OMM, in inglese WMO ovvero World Meteorological Organization). 

In occasione di questa ricorrenza, ogni anno l'OMM propone un tema che viene celebrato in tutti i 191 Stati membri di questa organizzazione intergovernativa la cui sede si trova a Ginevra, in Svizzera. Il titolo scelto per il 2021 è: "L'oceano, il clima e il tempo".

 

L'occasione ci fornisce lo spunto per ragionare su un quesito piuttosto ricorrente, negli ultimi mesi, ovvero: è possibile che l'attuale pandemia da Covid-19, con tutte le sue restrizioni, sia riuscita se non altro a contenere, anche solo minimamente, gli effetti del riscaldamento globale alla base della crisi climatica in corso? 

Purtroppo la risposta è no. Ciò si evince senza mezzi termini da almeno due dati.

Il primo è la concentrazione di anidride carbonica in atmosfera, che nel corso del giugno del 2020 ha toccato il suo nuovo record assoluto di ben 417,9 ppm (parti per milione, ovvero l'unità di misura impiegata per quantificarne l'aumento).

Fig. 1 - Confronto tra la temperatura osservata ogni anno dalla NASA e la temperatura media rilevata tra il 1850 e il 1900 ("valori pre-industriali"). Questo grafico evidenzia le cause umane del riscaldamento globale; i fattori naturali lo influenzano positivamente o negativamente, causando l'irregolarità dell'andamento della temperatura di anno in anno.

Il secondo è il dato record di temperatura media del pianeta toccato durante l'anno appena trascorso: stando infatti alle rilevazioni di Copernicus, il servizio di monitoraggio satellitare del pianeta Terra svolto dell'Unione Europea, il 2020 è stato (a pari merito con il 2016) l'anno più caldo di sempre, con un'anomalia positiva di 0,6°C rispetto al periodo di riferimento standard 1981-2010 e di circa 1,25°C al di sopra del periodo pre-industriale 1850-1900.
 

Fig.2 - Temperatura dell'aria a due metri di altezza per il 2020, rispetto alla media 1981-2010. Fonte: ERA5. Credito: Copernicus Climate Change Service / ECMWF



Insomma, nonostante gran parte dei paesi industrializzati abbia applicato per diversi mesi alcune importanti misure di lockdown nel tentativo di arginare il Coronavirus, l'impatto della pandemia sulle emissioni climateranti di origine antropica è stato piuttosto trascurabile, al contrario di quanto purtroppo si è verificato a livello economico.

Stando alle misurazioni dello storico Osservatorio a Mauna Loa, infatti, i livelli di anidride carbonica raggiunti lo scorso 2 giugno, nel periodo in cui tipicamente si verifica il picco annuo, hanno toccato il valore più alto mai registrato. In altre parole, purtroppo, la riduzione delle emissioni di gas serra conseguente al blocco economico causato dalla pandemia non è stata sufficiente a far sì che la concentrazione di anidride carbonica segnasse un dato in controtendenza rispetto alla sua inesorabile crescita.





Fig.3 - La cosiddetta "Curva di Keeling" è un grafico che rappresenta la crescita della concentrazione di anidride carbonica nell'atmosfera terrestre sulla base di misurazioni continue prese all'Osservatorio di Mauna Loa sull'isola delle Hawaii dal 1958 ad oggi.

Il valore di 417,9 ppm registrato lo scorso anno, inoltre, non solo rappresenta l'ennesimo record dal 1958 - ovvero da quando lo scienziato americano Charles David Keeling istituì il suo noto osservatorio nel cuore dell'Oceano Pacifico - ma è da considerarsi del tutto inedito, e di gran lunga, da almeno 800 mila anni a questa parte, tenendo conto che la paleoclimatologia è riuscita a ricostruire con una certa precisione la composizione dell'atmosfera (e di conseguenza il clima) del pianeta Terra risalendo almeno fino a quella data, attraverso l'analisi delle bolle d'aria intrappolate nei ghiacci polari, il cui strato altro non è che il frutto delle nevicate che si sono susseguite e sedimentate in migliaia di anni.

Tali bolle d'aria, a partire dalla fine degli anni Cinquanta, sono state oggetto degli studi di numerose spedizioni scientifiche soprattutto in Antartide, inaugurate proprio per iniziativa di Keeling e tutt'ora in corso. I carotaggi del ghiaccio polare, a loro volta, hanno così delineato un quadro piuttosto inquietante: negli ultimi 800 mila anni (come minimo), la concentrazione di anidride carbonica in atmosfera non aveva mai superato il valore record di 300 ppm, fino alla metà del XX secolo. Solo con l'avvento della civiltà industriale, infatti, per effetto del largo impiego di carburanti fossili, il pianeta Terra ha assistito a quest'inedita impennata di CO2 che ci ha condotto sin qui e non accenna a diminuire.

Fig.4 - I valori di concentrazione dell'anidride carbonica nell'atmosfera terrestre sono del tutto inediti da almeno 800 mila anni. L'aumento si è fatto esponenziale a partire dagli anni Cinquanta.

È stato calcolato che la riduzione delle emissioni di anidride carbonica causata dai vari lockdown dell'ultimo anno si è aggirata attorno al 5% circa, risultando dunque piuttosto esigua, oltre che limitata nel tempo. Per poter avere un effetto tangibile sulla concentrazione atmosferica di CO2, infatti, i tagli delle emissioni avrebbero dovuto essere dell'ordine del 30% e mantenersi tali per almeno un semestre.



Non è finita. Se anche oggi stesso smettessimo improvvisamente di immettere anidride carbonica in atmosfera, ci vorrebbero comunque migliaia di anni per consentire alla Terra di assorbire tutte le emissioni climalteranti antropiche e tornare ai livelli pre-industriali.

Ecco perché s'impone una profonda presa di coscienza di quanto sta avvenendo, in modo tale da accelerare il più possibile il processo di transizione energetica e industriale verso una nuovo modello economico, in grado di azzerare le emissioni di CO2 entro il 2050 e contenere l'aumento della temperatura globale sotto la fatidica soglia degli 1.5°C indicati come obiettivo in occasione di Cop21, la Conferenza di Parigi sui cambiamenti climatici del 2015.



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di Filippo Orlando
Referente Area Meteorologia della Fondazione Museo Civico di Rovereto

 

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