
Un 'ostriarium' romano nella laguna di Venezia
Si legge in 5 minuti: il tempo di un caffé americano!
Una vasca rettangolare (lunga quasi 8 metri, larga quasi 2 metri) in mattoni e tavole di legno, affondata nel fango della laguna di Venezia e colma di gusci di ostriche: è questa la scoperta al centro della nuova mostra ospitata dal Museo di Storia Naturale di Venezia “Giancarlo Ligabue” fino al 2 novembre 2025. Grazie alle competenze interdisciplinari di un team di archeologi, geologi e biologi, i risultati delle indagini sono oggi restituiti al pubblico con un allestimento immersivo: immagini, video, reperti originali e un modello 3D del sito raccontano lo scavo subacqueo, l’ambiente lagunare e la complessità dell’intervento di studio.
Laguna Veneta, area oggetto d’indagine [foto Leonardo Mizar Vianello - Museo di Storia Naturale di Venezia Giancarlo Ligabue]
Tale vasca risale al I secolo d.C e rappresenta il primo ostriarium (o vivarium) rinvenuto in Italia. Costruita per l’allevamento o la conservazione dei molluschi, all’interno di essa gli archeologi hanno trovato circa trecento gusci di Ostrea edulis, una specie oggi quasi scomparsa in questi ambienti. Le ostriche erano molto apprezzate in epoca romana, in particolare dalle classi più agiate tanto che Marziale in un epigramma satirico lo definisce “il cibo dei padroni”. I primi allevamenti di ostriche risalgono all’epoca classica. Plinio (Nat. Hist., IX, 168) scrive che l’imprenditore Sergio Orata, alla fine del II sec. a.C., decise di allevare le ostriche nella sua villa di Baia, nel golfo di Napoli, solo per avidità, visto che tale allevamento gli avrebbe permesso ricchi guadagni. A testimonianza di questo, a Roma in numerosi contesti archeologici i rinvenimenti dimostrano l’assiduo consumo di ostriche nei primi secoli dell’impero.
Il prof. Carlo Beltrame del Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università Ca’ Foscari di Venezia ha diretto lo scavo archeologico subacqueo, iniziato nel 2021 a Lio Piccolo, nel comune di Cavallino-Treporti a 8,2 km in linea d’aria dalla importante città romana di Altino. Lo scavo ha messo in luce, oltre alla vasca per mantenere vive le ostriche prima del loro consumo, i resti di una villa romana marittima di lusso decorata da affreschi e mosaici.
Laguna Veneta, area oggetto d’indagine [foto Museo di Storia Naturale di Venezia Giancarlo Ligabue]
Allo studio ha partecipato anche il laboratorio di Dendrocronologia della Fondazione Museo Civico di Rovereto che è stato coinvolto nell’analisi delle parti lignee della vasca per individuarne l’epoca di costruzione. L’ottima conservazione dei legni, ben protetti dall’ambiente privo d’ossigeno (anossico) creato dai sedimenti lagunari, ha aiutato a sopperire all’assenza nello scavo archeologico di materiale come resti ceramici o altro che permettesse una corretta datazione del contesto. La presenza di pali e tavole di legno in quercia, ben conservati, usati per rivestire la vasca, ha suggerito la datazione dendrocronologica per quanto riguarda la fase edificatoria. Tra le discipline archeometriche, la dendrocronologia si distingue poiché può fornire datazioni particolarmente precise indicando l’anno a cui risale l’ultimo anello di accrescimento presente nel campione ligneo oggetto d’analisi. I numerosi scavi effettuati nel contesto della laguna veneta hanno più volte messo in evidenza la necessità di coinvolgere più discipline e la dendrocronologia, in associazione con analisi radiometriche, ha fornito utili dati d’interesse scientifico per un’essenza arborea come la quercia ampiamente utilizzata per la sua robustezza anche in contesti umidi.
Nell’estate del 2023 sono stati prelevati durante lo scavo archeologico sei elementi lignei: due pali della palizzata, due tavole verticali della parete sud della vasca, una tavola orizzontale, sempre del lato sud, e un frammento di tavola abbattuta ma ragionevolmente appartenente alla struttura della vasca. Tra i criteri usati per la scelta si è guardato allo stato di conservazione e al numero di anelli (minimo 20/30). Una volta estratti dall’acqua, i campioni sono stati subito inseriti in sacchetti di plastica ben chiusi, quelli più fragili avvolti con TNT (tessuto non tessuto). Nel corso delle settimane immediatamente successive i materiali sono stati sottoposti ad analisi nel laboratorio di Dendrocronologia di Rovereto, presso il Museo della Città. I sei campioni di Lio Piccolo, presentano sequenze anulari che variano da 23 a 74 anelli; gli elementi delle assi, tratti dalla lavorazione di piante di quercia più longeve, hanno portato alla costruzione di una curva di 82 anni costituita da tre campioni. Grazie al confronto con una master chronology della quercia della Germania meridionale è stato possibile datare al 9 d.C. l’ultimo anello presente.
Per approfondire > Visita la pagina web della mostra al Museo di Storia Naturale di Venezia Giancarlo Ligabue
--
a cura di Maria Ivana Pezzo, Laboratorio di Dendrocronologia Fondazione MCR