Il ritrovamento di una rara pianta carnivora per la prima volta in Trentino

Il ritrovamento di una rara pianta carnivora per la prima volta in Trentino

È stato pubblicato sul numero 38 (2022) degli Annali del Museo Civico di Rovereto il primo ritrovamento in assoluto di "Utricularia bremii" in Trentino ad opera della sezione Botanica.

Si legge in 3 minuti: il tempo di un caffé ristretto!

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Utricularia bremii è una pianta carnivora acquatica dell'Europa Centrale e Orientale presente anche in Italia, seppur rarissima, in Friuli-Venezia Giulia, Lombardia, Piemonte e Alto Adige. In provincia di Trento non era mai stata segnalata.

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Al Mondo esistono circa 600 specie di piante carnivore distribuite nei posti più sterili ed inospitali della Terra. In risposta alla carenza di nutrienti propria del loro habitat di crescita, queste piante si sono adattate a ricavare le sostanze nutritive dalla digestione delle proteine di origine animale.

In Trentino, con questa nuova specie, sono 11 le piante carnivore "nostrane" raggruppate nei generi Drosera, Pinguicula e Utricularia. In termini globali il genere Utricularia è molto vasto e comprende specie che vivono in acque dolci o in suoli saturi d'acqua di tutti i continenti, eccetto l'Antartide. Ne esistono di varietà coltivate anche per ornamento, con fiori paragonabili a quelli delle orchidee in quanto a bellezza ed eleganza.

Leggi anche - Aggiornamenti alla "Flora del Trentino", 3: Utricularia bremii Heer ex Koell, in Annali 38 (2022)

Le Utricularie catturano piccoli organismi per mezzo di trappole ad aspirazione, dette utricoli. Alcune foglie, infatti, si sono trasformate in piccole vescicole che agiscono anche da galleggianti. Il meccanismo di cattura è estremamente sofisticato: quando la preda tocca le setole connesse all'ingresso della trappola, questa si apre per un breve istante risucchiando al suo interno la preda che rimane senza via di fuga. All'interno dell'utricolo vi sono poi degli speciali peli (peli quadrifidi) che digeriscono il malcapitato attraverso la secrezione di enzimi e l'assorbimento delle sostanze nutritive. Seppur questo stratagemma sia stato osservato e descritto già da Darwin, solo negli ultimi anni è stato (quasi) completamente compreso: si stima che la rapidità di tale movimento sia meno di mezzo millisecondo!

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Dettaglio della struttura di un utricolo

Caratteristiche della pianta e importanza della scoperta

Come le altre specie di Utricularia presenti in Trentino (U. australis e U. minor), U. bremii ha fiori di colore giallo pallido ma con la corolla appiattita (mai revoluta) e i fiori più grandi (con il labbro inferiore della corolla almeno largo 10 mm). 

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Utricularia bremii negli ultimi 70 anni a livello nazionale è in via di rarefazione per la degradazione e la drastica riduzione dell'habitat in cresce: è una specie tipica di stagni di bassa quota caratterizzati da acque da neutre a moderatamente acide, e mesotrofe (ovvero piuttosto ricche di nutrienti inorganici). Questi ambienti palustri sono divenuti oggi assai rari e anche la flora a loro connessi è in buona parte a rischio estinzione.

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Ambiente di crescita delle piante del genere Utricularia sp.

Il ritrovamento è avvenuto durante un'uscita sull'Altipiano dell'Argentario, all'interno dell'area protetta Natura 2000 "Palù Gross di Monte Barco - Le Grave" nell'ambito dei monitoraggi della flora per il Servizio Sviluppo Sostenibile e Aree Protette della Provincia Autonoma di Trento. Al Museo, ulteriori studi sui campioni d'erbario di Utricularia sp. provenienti da quest'area hanno portato a documentare la sua passata presenza presso il "Lago di S. Colomba", oggi purtroppo non più confermata. L'elevato numero di escursioni nel luogo del ritrovamento nel corso degli anni porta a dire che probabilmente in precedenza Utricularia bremii nel sito è sempre stata confusa con U. minor per il fatto che non si era mai vista in fiore. Riconoscere la specie da sterile dalle affini è infatti molto difficile.

Anche in quest'occasione le esplorazioni floristiche di dettaglio si sono dimostrate importantissime per arricchire la conoscenza della biodiversità locale: ricerche mirate possono portare al ritrovamento di specie interessanti anche in zone già frequentate e studiate. 

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a cura di Giulia Tomasi, Sezione Botanica Fondazione MCR

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