L'importanza della raccolta dati per comprendere la biodiversità

L'importanza della raccolta dati per comprendere la biodiversità

Fondamentale per studiare come varia la biodiversità nello spazio e nel tempo è l'attività di raccolta dati in campo da parte degli studiosi, particolarmente in un periodo in cui, anche se non abbiamo una conoscenza assoluta di tutte le specie che popolano la Terra, sappiamo che la variabilità si sta restringendo, e molte specie soprattutto selvatiche sono minacciate d'estinzione.

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Il concetto di specie è insito nella nostra cultura. Basti pensare al testo biblico in cui viene riportato che Mosè "mise sull'arca due per ciascuna specie". Anche noi, nel nostro quotidiano, parliamo spesso di quella specie di pianta o di un animale in particolare, magari ignorandone il nome scientifico. È un modo pratico di misurare la biodiversità: come monete, le contiamo e diciamo se ce ne sono di più o meno, se sono diverse o uguali. Tendiamo dunque a distinguere e a quantificare la biodiversità che ci circonda. 

Nonostante ciò, ad oggi, la nostra conoscenza delle varie specie che popolano il pianeta è assolutamente scarsa. Si conoscono circa 2 milioni di specie, ma si stima che sulla Terra ce ne siano fra i 3,5 e 30 milioni. Perdipiù lo stato di conoscenza dei viventi è piuttosto eterogeneo. Per molti gruppi tassonomici il nostro sapere è molto accurato, per altri conosciamo solo una proporzione modestissima delle specie esistenti.

Species Distribution Biodiversity after Chapman 2009

Gregor Hagedorn, CC BY-SA 4.0, via Wikimedia Commons

Nello specifico del mondo vegetale, per le piante vascolari abbiamo un buon grado di conoscenza: si stima che sul Pianeta ci siano circa 400 mila specie di piante, e ne conosciamo fra le 320.000 e le 380.000, a seconda dei sistemi di riferimento.

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Giglio martagone (Lilium martagon) dall'archivio fotografico della Sezione Botanica Fondazione Museo Civico di Rovereto. 

Pur non conoscendo quanta realmente sia la biodiversità, sappiamo con certezza che la stiamo perdendo. A dirlo sono vari studi. Secondo l'IPBES, la piattaforma internazionale per la biodiversità e i servizi ecosistemici, moltissime specie stanno andando verso una drammatica scomparsa. Uno studio di Antonelli et al. del 2020 pubblicato da Royal Botanic Gardens Kew, afferma che 2 piante su 5 - quindi il 40% - sono minacciate di estinzione. Questo dato è piuttosto allarmante e ci deve far riflettere sul fatto che esiste il rischio concreto che queste specie scompaiano ancor prima di essere studiate.

In Trentino le specie di flora che rischiano l'estinzione (inserite nella Lista Rossa) sono 825, ovvero il 32% rispetto all'intera flora spontanea provinciale. Quasi metà (49%) appartiene alle specie concretamente minacciate (categorie VU, EN e CR).

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A sinistra la copertina della "Lista rossa del Trentino", Prosser 2001. A destra, un esempio di specie rara in Trentino (Gladiolus italicus).

Tutto ciò sta accadendo in un arco di tempo che ormai anche i geologi definiscono antropocene, ossia un'epoca che sarà ricordata e registrata anche nei record dei sedimenti come "l'epoca dell'uomo". Nel 2020 la massa degli oggetti costruiti dall'uomo ha superato la biomassa del pianeta (Elhacham et al., 2020). Ciò significa che l'uomo ha costruito più oggetti di quanti ne esistano nella natura vivente. Dallo stesso studio emerge anche che la quantità di plastica esistente sul pianeta attualmente è maggiore della biomassa degli animali. Un altro studio recente (Bar-On et al., 2018) riporta che il 96% della biomassa dei mammiferi esistenti sul pianeta - che sono meno di 7000 specie - è fatto da esseri umani (34%) e animali domestici (62%). Da ciò si deduce che gli umani e gli animali allevati per il loro cibo e altre necessità costituiscono il 96% della biomassa dei mammiferi terrestri. In altri termini questi dati stanno ad indicare che la biodiversità rimasta nelle specie selvatiche si va restringendo in modo drammatico.

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A sinistra stime della biomassa e della massa antropica dall'inizio del XX secolo. Da Elhacham et al. (2020) Global human-made mass exceeds all living biomass. Nature, 588, 442-444; a destra illustrazione di Rilson S. Avelar da Pixabay. 

L'attività di raccolta dati in campo da parte dei centri di ricerca e dei musei è fondamentale per studiare come varia la biodiversità nello spazio e nel tempo. Un dato di qualità (identificato dal punto di vista tassonomico, datato e geolocalizzato), archiviato correttamente e reso disponibile, assume un valore notevole anche dopo molti decenni in quanto può essere utilizzato come base per studi e ricerche. Nell'ambito della raccolta dati è altrettanto importante l'archiviazione delle segnalazioni storiche: una loro ripetizione futura (ricampionamento) permette di capire come è cambiata una comunità biologica o un ecosistema. 

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I botanici della Fondazione Museo Civico di Rovereto con i ricercatori dell'Università di Bolzano nell'estate 2022 durante la ripetizione di alcuni rilievi fitosociologici del 1986.

Per saperne di più

IPBES (2020). Global assessment report on biodiversity and ecosystem services of the Intergovernmental Science-Policy Platform on Biodiversity and Ecosystem Services. E. S. Brondizio, J. Settele, S. Díaz, and H. T. Ngo (editors). IPBES secretariat, Bonn, Germany. 1148 pages.
https://doi.org/10.5281/zenodo.3831673

Antonelli, A. et al. (2020). Global human-made mass exceeds all living biomass. Nature, 588(7838), 442-444. 
https://doi.org/10.1038/s41586-020-3010-5

Bar-On, Y. M., Phillips, R., & Milo, R. (2018). The biomass distribution on Earth. Proceedings of the National Academy of Sciences, 115(25), 6506-6511.
https://doi.org/10.1073/pnas.1711842115

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a cura di Alessandro Chiarucci, Presidente della Società Botanica Italiana, Professore ordinario all'Università di Bologna, biogeografo e macro-ecologo

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